Agenda digitale, PNRR e digital divide
Agenda digitale, Industria 4.0, Intelligenza artificiale sono espressioni che sempre più spesso entrano nel discorso pubblico quotidiano, creando in molte cittadine e cittadini un senso di estraneità. Viene da chiedersi “Dove sta andando il nostro mondo? Dove ci porteranno le tecnologie nate dall’Informatica? Sono domande fondate, a cui è difficile rispondere con oggettività.
Mentre da un lato si predica anche in Italia, vedi PNRR, la necessità di una digitalizzazione totale del Paese, strutture, istituzioni, attività umane, dall’altro è proprio l’alfabetizzazione informatica e digitale che stenta a diventare formazione di base anche da noi e anche nelle persone più culturalmente evolute.
L’analfabetismo informatico alla base del digital divide cozza con l’impiego sempre più intenso delle tecnologie digitali, destinate come sentiamo dire da ogni parte a trasformare il mondo e le nostre vite.
In questa ottica quando parliamo nel nostro Paese di gap digitale pensiamo non solo alle generazioni più mature, ai vecchi ormai irreparabilmente divisi dai giovani e da loro dipendenti nell’uso delle tecnologie, cioè, oramai, nella quotidianità ma anche al gap che divide gli uomini dalle donne e che condanna una buona parte di queste, poco inclini, come sostiene la vulgata, ad una formazione scientifica, all’analfabetismo digitale e con ciò ad una inferiorità che sarà sempre più difficile da sanare nel futuro se non si interviene con urgenza. Sui giovani in generale sulle donne in particolare.
Serve, diciamolo, un grande progetto di formazione digitale e di incentivi alla formazione digitale, se è vero che l’agenda digitale rappresenta in questo contesto una delle iniziative faro della strategie per lo sviluppo Europa 2020 e che l’Agenda Digitale Italiana e le successive Agende Digitali Locali nei Comuni e Province dovrebbero servire a creare i presupposti e gli strumenti dello sviluppo futuro.
Un futuro migliore, naturalmente, di cui oggi ci garantisce la necessità la ricerca medica e scientifica, dove, come si legge in un recente articolo sul sito on line di Agenda Digitale a firma di Domenico Marino dell’Università Degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria, per bloccare sul nascere e circoscrivere i focolai di epidemie che sembrano minare la sicurezza degli ecosistemi planetari, servono strumenti di early warning che raccolgano dati sull’insorgenza di focolai epidemici , diano allarme e notizie su come reagire.
Siamo di fronte ad una trasformazione epocale, che alcuni mitizzano, altri temono, di cui la maggior parte ignora le base e le prospettive. Su questo piano non mancano gli allarmi di chi è consapevole che ci sono rischi di natura etica nel loro uso in parte ancora ignoti.
Mariarosaria Taddeo, filosofa, esperta di etica delle tecnologie digitali, ricercatrice senior presso l’Internet Institute dell’Università di Oxford e vicedirettore del Digital Ethics Lab dello stesso Ateneo. Sostiene che a chi si chiede se l’intelligenza artificiale sia buona o cattiva, non si possa rispondere semplicisticamente che questo dipende dall’uso che se ne fa. Ci sono rischi e conseguenze negative che non dipendono dalla volontà di chi le implementa o le usa e per questo sono più subdoli, e solo approfondendone il funzionamento se ne possono modificare gli effetti.
Dalia Bighinati