Quando le donne entrano nella stanza dei bottoni: Smart working per tutti e un nuovo patto EU sulla migrazione
Il 2020 sarà ricordato come l’anno della grande pandemia da coronavirus, un attacco alla salute delle persone, che non ha fatto sconti a nessuno e ha ha messo in luce reazioni e capacità diverse nei diversi Paesi.
In Italia più di 300mila persone sono state contagiate in otto mesi, dall’inizio dell’emergenza oltre 35mila i morti, un’estate vissuta senza pensare troppo al virus, un inizio d’autunno in cui si registra l’aumento costante, ma stabile dei contagi.
Tramontano abitudini e attività economiche consolidate. Il turismo non funziona con il coronavirus, gli eventi sono troppo costosi rispetto al pubblico consentito, la moda senza continue occasioni di incontro per fare sfoggio di abiti e linee nuove non sa più che farsene di eleganza e di creatività.
La civiltà del “faccio cose, vedo gente” sembra alle corde. La vittoria dell’apparenza sulla sostanza sembra vacillare.
Torna la richiesta di competenze vere e socialmente utili, la fuffa sembra avere stancato i più.
Vedi il primato dei medici e del personale della sanità nei mesi scorsi; in queste settimane i riflettori puntati sulla scuola, che si sta sottoponendo ad uno sforzo immane per reggere all’incognita del virus e rispondere alle richieste di un’accoglienza quasi perfetta, dopo tanti anni di ristrettezze economiche e incuria pubblica.
Vedi la grande lezione dello smart working nell’Università e nella Pubblica Amministrazione, una rivoluzione imposta dalla necessità, che ha aperto nuovi orizzonti, ma rischia di essere abbandonata troppo presto sotto il lamento dei più conservatori e le difficoltà dello Stato nel creare opportunità di formazione e fornire tecnologie adeguate.
A chi teme un nuovo lockdown, ma non sa come si possa evitare o viverlo senza bloccare il lavoro e il mondo, quali risposte sta cercando di dare la nostra politica, oltre ai messaggi alla prudenza in funzione anti-contagio e alla necessità di dare sussidi a chi ha perso o perderà inevitabilmente lavoro e reddito?
La sfida per chi ci governa è certamente molto impegnativa. Oggi il TG 1denunciava l’inadeguatezza dei treni dei pendolari. Le immagini mostravano carrozze affollate di lavoratori e studenti. Servono più treni.
Ma la sfida è grande anche per i cittadini, che devono fare di tutto per evitare un nuovo assalto agli ospedali. Servono occasioni diverse di incontro e una nuova organizzazione del lavoro.
L’Europa ha accettato di farsi carico del malessere comune e con il Recovery fund e il Mes afferma di non voler lasciare solo nessuno dei Paesi membri. Chiede, in cambio, di stare ai patti, di essere determinati e trasparenti, pretende da noi e da chi ci governa di non perdere tempo prezioso in beghe personali e scontri di potere.
La strada per il futuro è già segnata e va verso una economia sempre più verde, cioè rispettosa dell’ambiente in cui viviamo, nella direzione di una formazione continua, della rivoluzione digitale, della inclusione sociale e dell’uguaglianza dei diritti e delle pari opportunità. Il Paese deve darsi una mossa, modernizzarsi e mettersi al servizio delle generazioni future.
Da questo punto di vista oggi è stato un giorno di buone notizie.
Fabiana Dadone dal 5 settembre 2019 ministro per la pubblica amministrazione nel Governo Conte 2, laureata in Giurisprudenza, piemontese di Cuneo, 36 anni, una carriera politica fulminante nelle file dei 5Stelle, colei che ha imposto per direttiva ministeriale, allo scoccare del lockdown, lo smart working a tutte le amministrazioni italiane per non far cessare l’erogazione dei servizi pubblici, durante l’ audizione alla Camera sul Recovery plan presso la Commissione Lavoro, ha chiesto a gran forza la digitalizzazione totale della Pubblica Amministrazione, “che deve giocare un ruolo centrale nel rilancio del Paese”, con tecnologie adeguate e formazione continua, procedure semplificate e digitalizzazione di documenti e pubblici uffici, nuova organizzazione, entusiasmo e autonomia.
Sempre oggi Ursula von Der Leyen, presidente della Commissione europea, già sostenitrice dell’Eu Next Generation e dell’Eu Green Deal, ha presentato un nuovo patto sull’immigrazione: “una soluzione europea, ha detto, per ricostruire la fiducia tra Stati membri e per ripristinare la fiducia dei cittadini nella nostra capacità di gestire come Unione il problema conciliando prospettive divergenti.
“…Ora è tempo, ha aggiunto, di alzare la sfida per gestire la migrazione in modo congiunto, col giusto equilibrio tra solidarietà e responsabilità”.