Un italiano su tre non capisce ciò che legge
L’Italia è il paese europeo che sta peggio per quanto riguarda il livello di analfabetismo funzionale. Sono questi I risultati dell’indagine Ocse-Piaac Programme for the international assessment of adult competencies del 2019, che ha lo scopo di valutare a livello internazionale le competenze della popolazione adulta, tra i 15 e 65 anni nelle aree della lettura, scrittura, matematica e risoluzione dei problemi. E ancora non si conoscono gli effetti che la pandemia potrebbe avere prodotto su questo fenomeno.
Un ragazzo su due sa leggere e scrivere, ma non capisce quello che legge, come ha sottolineato Claudio Tesauro, Presidente di Save the Children Italia aprendo i lavori di «Impossibile» la quattro giorni di riflessioni e proposte sull’ Infanzia e l’Adolescenza, che si è aperta a Roma il 22 maggio scorso. Tra gli adulti la situazione non è migliore. I dati sono ricavati dall’indagine Ocse Piaac, fra le più attendibili a livello internazionale, cui prendono parte 34 paesi. Secondo i dati Ocse, gli analfabeti funzionali italiani sono il 27,7 %. «La dispersione scolastica implicita, cioè l’incapacità di un ragazzo/a di 15 anni di comprendere il significato di un testo scritto, è al 51% – un dato drammatico ha detto Tesauro, non solo per il sistema di istruzione e per lo sviluppo economico, ma per la tenuta democratica di un paese. I più colpiti sono gli studenti delle famiglie più povere, quelle che vivono al sud e quelle con background migratorio».
L’analfabetismo funzionale riguarda chi , pur essendo scolarizzato, ha una incapacità totale o parziale di comprendere e valutare in maniera corretta le informazioni che gli arrivano attraverso la lettura,non è in grado, cioè, di identificare l’idea principale in un testo di lunghezza moderata, trovare informazioni basate su criteri espliciti, riflettere sullo scopo e la forma dei testi.
L’interesse per il fenomeno è importante per valutare la capacità dei cittadini di un Paese di partecipare con piena consapevolezza alla vita civile e politica, di gestire in autonomia il proprio percorso di inserimento lavorativo e di crescita professionale e permette perciò di comprendere il potenziale di sviluppo di un Paese. Nell’attuale epoca digitale l’analfabetismo funzionale si intreccia con il fenomeno dell’analfabetismo digitale, rendendo più difficile il recupero delle abilità.
Un analfabeta funzionale è più incline a credere a tutto quello che legge in maniera acritica, a condividere informazioni false e a contribuire alla diffusione incontrollata delle cosiddette fake news.
Tra le altre percentuali, c’è un 5,5% di popolazione italiana che comprende solo informazioni elementari in testi molto corti, mentre un 22,2% comprende testi digitali e cartacei solo se sono abbastanza brevi.
Per “ricordare al pubblico l’importanza dell’alfabetizzazione come questione di dignità e di diritti umani” nel 1967 è stata istituita dall’UNESCO la Giornata Internazionale dell’Alfabetizzazione (International Literacy Day) che cade l’8 settembre di ogni anno.
Tullio De Mauro, uno dei grandi maestri della Linguistica italiana, sottolineando come ha fatto pù volte il problema, sosteneva, come ci ricorda su In chiostro Elisa Santangelo, Social Media Manager della testata on line, che “la cattiva conoscenza dell’italiano scritto e il cattivo rapporto con la lettura è un pesante limite per tutta la nostra vita sociale che ci trasciniamo dietro da molti anni e che diventa sempre più grave perché man mano che le tecnologie si sviluppano, si alza sempre più la richiesta di competenze”, per concludere che “non possiamo più permetterci il lusso dell’ignoranza che ci siamo concessi per molto tempo.”
Primi rimedi sono l’istruzione e la cultura, quindi innanzitutto la qualità della scuola e un potenziamento delle forme di istruzione per tutta la vita. Bisogna contrastare la dispersione scolastica, evitare l’ingresso precoce dei giovani nel mondo del lavoro e l’abbandono della scuola.
Bisogna anche tutelare le fasce deboli della popolazione o chi vive in zone svantaggiate per quanto riguarda i servizi perché ormai è assodato che la povertà educativa è strettamente correlata alla povertà economica.
In questa ottica la famiglia ha un ruolo importante, così come la pratica della lettura e di tutte quelle attività mentali che vanno tenute in allenamento per evitare che le abilità acquisite si indeboliscano nel tempo. (da State of mind, il Giornale delle Scienze psicologiche, e primo portale in Italia di informazione per la psicologia e la psicoterapia).